scala mercalli
L’anno scorso su corriere.it l’aveva paragonato a un gufo. Puntuale come la peggior tassa è arrivata anche la stroncatura della seconda edizione di Scala Mercalli da parte di Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera. Questa volta anche sull’edizione cartacea.
Evidentemente al capo deve essere piaciuta questa linea editoriale che, invece, di parlare di contenuti focalizza la propria attenzione sul farfallino del conduttore meteorologo.

A volte mi figuro Mercalli come un sadico mascherato da ambientalista. Forse mi sbaglio, ma, non so perché, il suo farfallino giallo mi fa paura

“A volte mi figuro Mercalli come un sadico mascherato da ambientalista. Forse mi sbaglio, ma, non so perché, il suo farfallino giallo mi fa paura”, scrive l’altissimo (verrebbe da scrivere larghissimo, per osare mettersi allo stesso livello). Questa è la critica più pesante alla quale è impossibile replicare. Ciascuno può scegliersi i fantasmi che crede.
Quando però si tratta di entrare nello specifico, l’illustre collega cade miseramente.

Con il governo ce l’ha su anche per un altro motivo: avrebbe tolto gli incentivi per l’installazione del fotovoltaico e lui è pronto a salire sul tetto di casa sua per spaccare i pannelli che ha installato”.

Grasso-Corriere-1024x640A parte il ce l’ha su, che il mio direttore al Corriere di Monza e Brianza mi avrebbe preso a calci in culo per una settimana, i casi sono due: o Grasso non capisce o fa finta di non capire. Il povero Mercalli non si è lamentato affatto per la fine degli incentivi (a proposito vogliamo parlare di quelli concessi alle fonti fossili?), ma dell’assurda burocrazia a cui deve sottomettersi chiunque abbia installato un impianto fotovoltaico.

La perla migliore, però, il criticone la riserva al professor Nicola Armaroli del Cnr che “attacca duramente le lobby dell’energia insediate nei ministeri. Fuori i nomi!”. Fino a prova contraria il giornalista dovrebbe essere lui, perché non prova a cercarli? Considerata la vicinanza con l’ex collega Massimo Mucchetti, non dovrebbe neppure faticare troppo.

A questo punto, però, il sospetto che non stia facendo finta è più che fondato e vogliamo dargli una mano. Potrebbe iniziare a chiedere a Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente come mai abbia votato a favore dello Sblocca Italia, come intende votare al referendum del 17 aprile contro le trivellazioni in mare entro le 12 miglia e come mai non senta il bisogno di portare l’attenzione su un tema che dovrebbe stare a cuore a un ex presidente di Legambiente. Dall’unico esponente di matrice ambientalista del Pd non si è sentita neppure una parola in difesa di un referendum che il premier spera non raggiunga il quorum. Se, poi, volesse esagerare potrebbe intervistare i parlamentari europei italiani che un mese fa, invece di punire le case automobilistiche colte a falsificare i dati sulle emissioni, hanno raddoppiato i limiti consentiti per legge.

In questo caso le lobby citate da Armaroli hanno sicuramente ringraziato: Mara Bizzotto, Mario Borghezio, Gianluca Buonanno, Lorenzo Fontana, Matteo Salvini, Raffaele Fitto, Remo Sernagiotto, Lorenzo Cesa, Salvatore Cicu, Alberto Cirio, Lara Comi, Herbert Dorfmann, Elisabetta Gardini, Giovanni La Via, Fulvio Martusciello, Barbara Matera, Alessandra Mussolini, Aldo Patriciello, Salvatore Domenico Pogliese, Massimiliano Salini e Antonio Tajani.

A questi bisogna aggiungere i cinque rappresentanti del Pd che si sono astenuti: Simona Bonafè, Caterina Chinnici, Silvia Costa, Michela Giuffrida, Luigi Morgano e i due assenti – Paolo De Castro e Flavio Zanonato. Il loro voto è stato determinante per far passare l’indecente proposta.