“Il Governo non ha fatto un’azione con l’accetta né sta tornando indietro“. Secondo il ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani anzi l’esecutivo starebbe “valutando con tutte le imprese del settore per trovare insieme un meccanismo“. I fatti sono lì a dimostrare l’esatto contrario. Le imprese del fotovoltaico, le banche e gli investitori (italiani e stranieri) stanno ancora aspettando che l’Italia prenda una decisione chiara e definitiva sulle rinnovabili e sul fotovoltaico per uscire da un clima di incertezza che non agevola nessuno, neppure gli amici filo-nuclearisti di Romani.

Ieri durante il question time alla Camera l’ultima sparata del “ministro che è riuscito a far rimpiangere perfino Scajola“, l’amaro giudizio che non circola più soltanto tra gli esponenti del sindacato e della Confindustria.

Gli incentivi al fotovoltaico dovranno servire affinché la filiera fotovoltaica diventi italiana – ha dichiarato – perché, per il momento, è largamente importata come nel caso dei pannelli dall’estero soprattutto dalla Cina“. Un’idea apprezzabile che potrebbe essere attuata facilmente agendo sul costo del lavoro, il principale motivo per il quale l’estremo Oriente è leader, non solo in questo settore. Tutto il resto sono chiacchiere, come sempre non supportate da fatti e azioni concrete.

Non basta dire: “Vogliamo che i tetti delle case italiane siano pieni di pannelli fotovoltaici, così come le aziende pubbliche o i ministeri e tutto ciò che è pubblico abbia la possibilità di utilizzare questa fonte di energia. Mentre non vorremmo che i campi dove si deve fare agricoltura si riempissero di pannelli fotovoltaici“. Bisogna stabilire delle regole, rispettarle e farle rispettare. Magari cominciando dai tempi, evitando, per esempio, che la Conferenza delle Regioni, si riunisca (è accaduto il 31 marzo scorso) senza avere tra le mani neppure la bozza del provvedimento dal quale nascerà il Quarto Conto Energia.

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