Cingolani vuole stupirci con effetti speciali

Mentre studenti e cittadini chiedono azioni immediate, il neo ministro alla transizione ecologica in audizione con le commissioni di Camera e Senato parla di idrogeno verde e fusione nucleare

 

Roberto Cingolani, ministro per la Transizione Ecologica, ha illustrato alle commissioni riunite Ambiente e Attività produttive di Camera e Senato, le linee programmatiche del suo dicastero.

In tre ore e mezza di audizione, pochissimi numeri, molte previsioni a lungo e lunghissimo termine, oltre alla richiesta di velocizzare le procedure autorizzative per nuovi impianti green da installare in Italia.

L’impressione è che il neo ministro sia volutamente andato fuori tema. Il suo dicastero dovrebbe occuparsi di una transizione energetica urgente e non più rimandabile. Se fra cinquanta, sessanta anni (la previsione potrebbe risultare ottimistica) il Mondo potrà contare su quella che chiameremo l’energia delle stelle (fusione nucleare) è materia che riguarda innovazione e sviluppo con orizzonti temporali ben più lontani del 2030 e del 2050, quelli su cui è chiamato a intervenire. Lo chiedono a gran voce anche i giovani di Fridays For Future, costretti a rinunciare allo sciopero di piazza, ma attivissimi sui canali social, stremati da fiumi di parole, dichiarazioni d’intenti e quasi nessun intervento concreto.

Cingolani ha pienamente ragione quando sottolinea l’inadeguatezza e la lentezza delle procedure autorizzative, ma si ha quasi l’impressione che la volontà di sburocratizzare sia dettata dalla volontà di agevolare ENI ed Enel, le due aziende partecipate dallo Stato, che potrebbero guidare la transizione, ma rappresentano quanto di più lontano ci sia da una riconversione ambientale.

Un’impressione che ha avuto anche Mario Agostinelli, chimico e fisico, per lunghi anni in Enea e ora presidente dell’AssociazioneLaudato sì per il clima, la cura della terra e la giustizia sociale: “Se qualcuno ti dice che tra dieci anni avremo energia a iosa con la fusione, come fanno le stelle, sta sottintendendo che in questi dieci anni non c‘è bisogno di sconvolgere il mondo. Mi è sembrato un modo per scartare l’ipotesi che bisogna impegnarsi ventre a terra per superare le fonti fossili e passare, da subito, alle rinnovabili, quelle vere, con l’aggiunta dell’idrogeno verde”.

A proposito dell’idrogeno, visto anche da Cingolani come tecnologia trainante soprattutto per quanto riguarda la mobilità, il ministro ha affermato che il punto di pareggio economico tra quello blu (ottenuto grazie alle fonti fossili) e quello Green non sarà raggiunto prima del 2030. Una prospettiva non proprio ottimistica che cozza con uno scenario a dieci anni ipotizzato per la fusione nucleare, una tecnologia ancora in embrione. Perfino gli scienziati che se ne stanno occupando ipotizzano la prima centrale ben oltre la metà del secolo.

La Germania, invece, sta già lavorando per accelerare la sostenibilità economica dell’idrogeno verde – continua Agostinelli – hanno un piano che prevede la costruzione di 80 GW di idrolizzatori (40 ciascuno nei porti di Brema e Amburgo) entro il 2025, noi non ne abbiamo neppure uno. Eppure abbiamo proposto per la riconversione della centrale Enel Torre Valdaliga a Civitavecchia un progetto di massima che prevede la produzione di elettricità esclusivamente da fonti rinnovabili, stabilizzate nella loro intermittenza da stoccaggi di idrogeno verde prodotto sia con fotovoltaico, sia da un parco eolico di pale galleggianti, collocato a 20-30 chilometri dalla costa (senza impatto visivo diretto), collegate a riva con cavi sottomarini e integrate da idrolizzatori, per conservare con l’idrogeno, e rendere successivamente disponibile, l’eccesso di corrente elettrica prodotta”.

Invece si vuol far passare la linea che individua il gas come fonte indispensabile nella transizione. Una concezione che poteva avere senso dieci anni fa perché impianti di questo tipo hanno tempi di ammortamento superiori ai trent’anni, che ci porterebbero ben oltre il 2050, la data limite stabilita dall’Europa per azzerare le emissioni.

L’idrogeno blu, poi presuppone la cattura della CO2 con il sequestro del carbonio (Ccs): una tecnologia insicura, contraria al principio di precauzione, costosa sia in termini economici che di consumi e sostanzialmente mai testata su scala industriale”- sottolinea Agostinelli.

A sottolineare l’urgenza di un cambio di passo sono alcuni settori della finanza e, soprattutto, i più giovani, rappresentati dal movimento Fridays For Future. Eleonora Porcu, diciottenne attivista e portavoce della sezione monzese ci ha raccontato come le difficoltà create dalla pandemia non abbiano fermato il movimento: “Avevamo previsto una grande bicicletta per le vie cittadine, ma a causa della zona rossa abbiamo dovuto rinunciare perché non sarebbe stato possibile rispettare le distanze. Faremo, comunque sentire la nostra voce ribadendo il motto: transizione ecologica: now or never. Inoltre, abbiamo lanciato l’iniziativa #UnmuteClimateChange – il primo sciopero fatto completamente in Dad. Partecipare è stato semplice: bastava cambiare il proprio nome in “UnmuteClimateChange”, restare muti per tutta la lezione, fare una foto allo schermo e condividerla poi su Instagram e Facebook taggando Legambiente e la propria associazione, con gli hashtag #NoMoreEmptyPromises #UnmuteClimateChange”. 

Un gesto simbolico per denunciare l’immobilismo delle istituzioni.

Non sono mancate azioni in presenza, per esempio ad Ancona gli studenti hanno esposto striscioni con lo slogan “ChangeClimateChange – Eni Enemy of the Planet” (Eni nemica del pianeta), dimostrando di non farsi abbindolare dalle operazioni di greenwashing della più importante e potente azienda italiana.

Un dato sicuramente positivo, come quello evidenziato da Mario Agostinelli: “A Civitavecchia, per la prima volta un settore consistente e significativo della classe operaia si è mobilitato in modo così esplicito a favore di un progetto di transizione energetica invece di arroccarsi (come il più delle volte è accaduto) nella difesa di soluzioni di mera conservazione, inquinanti e incompatibili con una vera transizione”.

Qui il testo completo dell’intervento di Roberto Cingolani

Pubblicato anche da Italia Notizie 24

 

Il papa sindacalista

Lo scorso 28 giugno Papa Bergoglio ha accolto i delegati del sindacato cattolico Cisl con un discorso particolarmente duro che messo in luce le pecche di una classe dirigente sempre più distante dal Paese reale. Da troppo tempo. Ho scelto questa notizia per inaugurare un nuovo progetto, Spirito libero, un angolo di approfondimento per quella che giudicherò la notizia principale della settimana e che, magari, non avrà avuto particolarmente rilievo sulle testate main stream.
Mi fa piacere condividere questa prima puntata, ancora con molte pecche, con voi e sarò grato per qualsiasi commento abbiate voglia di inviarmi.

In sostanza il pontefice accusa i sindacalisti di continuare a tutelare chi un lavoro ce l’ha e di non essersi accorto che le emergenze e le maggiori ingiustizie sono altrove. Li accusa anche di aver pensato più a se stessi che alla propria missione citando, non a caso, le “pensioni d’oro, altrettanto scandalose quanto quelle troppo povere“.
Per commentare una presa di posizione così netta ho voluto interpellare Mario Agostinelli, un ex militante del Movimento studentesco e del PCI, per molti anni delegato della CGIL in Lombardia ed eletto qualche anno fa nel consiglio regionale lombardo come indipendente nelle liste di Rifondazione comunista. Insomma, quello che una volta avremmo definito un compagno.

La versione originale la trovate a questo indirizzo: https://provetecnicheditrasmissione.it/spirito-libero-puntata-papa-sindacalista/

Corrispondenza dal Forum Sociale di Montreal

Nella quasi totale indifferenza dei media italiani si è concluso a Ferragosto il primo Forum Sociale Mondiale ospitato da un paese del Nord del Mondo. L’appuntamento di Montreal ha segnato un punto di svolta significativo anche per le tematiche energetiche lanciando un nuovo grido di battaglia: È ora di essere audaci. È ora di fare un balzo!
Questi i temi principali trattati dai delegati riunuti in Canada:
• Alternative economiche, sociali e di solidarietà per affrontare la crisi del capitalismo
• Democratizzazione della conoscenza e diritti della comunicazione
• Cultura della pace e lotta per la giustizia e la smilitarizzazione
• Decolonizzazione e autodeterminazione
• Difendere i diritti della natura e della giustizia ambientale
• Lotte globali e solidarietà internazionale
• Diritti umani e sociali, la dignità e la lotta contro la disuguaglianza
• Lotte contro il razzismo, la xenofobia, il patriarcato e il fondamentalismo
• Lotta contro la dittatura della finanza e la condivisione delle risorse
• Migrazione e cittadinanza senza frontiere
• Democrazia, movimenti sociali e cittadini
• Mondo del lavoro contro il neoliberismo
• Espressioni culturali, artistiche e filosofiche per un altro mondo possibile

Soprattutto dai rappresentanti canadesi sono arrivate proposte condivisibili e facilmente adattabili a qualsiasi contesto: “Non ci sono più scuse per costruire nuove infrastrutture che ci obbligano ad aumentare l’estrazione di gas e petrolio nei decenni a venire. La nuova ferrea legge di sviluppo dell’energia deve essere: se non lo vorresti nel tuo cortile, allora non dev’essere nel cortile di nessuno. Questo vale anche per gli oleodotti e i gasdotti.
È giunto il tempo della democrazia energetica: crediamo non solo nel cambiamento delle nostre fonti di energia, ma anche, ovunque sia possibile, che le comunità controllino collettivamente questi nuovi sistemi energetici”.

Mario Agostinelli, presidente Energia Felice, chimico-fisico, ricercatore dell'ENEA e opinionista per Il Fatto Quotidiano

Mario Agostinelli, presidente Energia Felice, chimico-fisico, ricercatore dell’ENEA e opinionista per Il Fatto Quotidiano

In considerazione della scarsa visibilità concessa dai mezzi di comunicazione italiani, più interessati alle sconcertanti polemiche sul burkini, ripropongo qui le preziose corrispondenze di Mario Agostinelli, presidente di Energia Felice, che ha seguito tutti i lavori del Forum.

Passaggio di testimone
Ecologia sociale e lotta alla povertà
Con Naomi Klein contro lo shale gas
È ora di essere audaci. È ora di fare un balzo!

Montreal: è ora di essere audaci. È ora di fare un balzo!

di Mario Agostinelli – Riporto un sunto del leapmanifesto (il manifesto per un balzo, www.leapmanifesto.org) distribuito dai comitati canadesi che lottano contro l’estrazione di shale gas e fossili e che contiene linee di indirizzo che non solo sono condivisibili, ma forniscono indicazioni per l’unificazione dei movimenti che lottano per un cambio del paradigma energetico attuale e contro i trattati commerciali iniqui come il TTIP. Energia Felice ha sottoscritto il documento.

Foresta amazzonica

Foresta amazzonica

“Ci stiamo allontanando drammaticamente dai nostri valori: il rispetto dei diritti degli indigeni, l’internazionalismo, i diritti umani, la diversità e la tutela ambientale.
Potremmo vivere in un Paese alimentato interamente da energia rinnovabile, collegati attraverso mezzi pubblici accessibili, dove posti di lavoro e opportunità in questa transizione siano sistematicamente progettati per eliminare razzismo e disuguaglianze di genere. La cura uno dell’altro e la cura del pianeta potrebbero essere i settori dell’economia in maggior crescita. Molte piú persone potrebbero avere lavori con meno ore di lavoro, lasciando molto piú tempo per far fiorire le nostre comunità.

I piccoli passi non ci porteranno più dove avremmo bisogno di arrivare. Pertanto dobbiamo fare un balzo.
Il salto deve iniziare dal rispetto del titolo e dei diritti dei custodi originari di questa terra: le comunità indigene che sono state in prima linea nel proteggere fiumi, coste, foreste e terreni non coinvolti nelle attività industriali. Vogliamo fonti di energia che durino un tempo immemorabile, senza esaurirsi o avvelenare la terra. Le innovazioni tecnologiche hanno reso questo sogno realizzabile. Recenti ricerche mostrano che il Canada può ricavare il 100% dell’energia elettrica da foni rinnovabili entro due decenni.

Non ci sono piú scuse per costruire nuove infrastrutture che ci obbligano ad aumentare l’estrazione nei decenni a venire. La nuova ferrea legge di sviluppo dell’energia deve essere: se non lo vorresti nel tuo cortile, allora non dev’essere nel cortile di nessuno. Questo vale anche per gli oleodotti e i gasdotti; il fracking nel New Brunswick, in Québec e nel British Columbia; l’aumento del traffico di petroliere al largo delle nostre coste; e i progetti minerari di proprietà canadese in tutto il mondo.
È giunto il tempo della democrazia energetica: crediamo non solo nel cambiamento delle nostre fonti di energia, ma anche, ovunque sia possibile, che le comunità controllino collettivamente questi nuovi sistemi energetici.

L’energia generata in questo modo non si limiterà a illuminare le nostre case ma redistribuirà ricchezza, rafforzerà la nostra democrazia e la nostra economia, inizierà a curare le ferite che risalgono alla fondazione di questo paese.
Un balzo verso un’economia non inquinante crea innumerevoli opportunità per tali “vittorie” molteplici. Vogliamo un programma generale per costruire case energeticamente efficienti e per l’ammodernamento delle abitazioni esistenti, che assicuri che le comunità e i quartieri a più basso reddito ne beneficino per primi e ricevano formazione e opportunità lavorative che riducano la povertà nel lungo termine. Vogliamo formazione e altre risorse per i lavoratori dei settori ad alta produzione di carbonio, che assicurino che siano perfettamente in grado di far parte dell’economia a energia pulita. Questa transizione dovrebbe comportare la partecipazione democratica dei lavoratori stessi.

Spostarsi verso un sistema agricolo molto più localizzato ed ecologico ridurrebbe la dipendenza dai combustili fossili, intrappolerebbe carbonio nel suolo e assorbirebbe gli shock improvvisi nell’approvvigionamento globale – oltre a produrre cibo più sano ed economico per tutti.

Chiediamo la fine di tutti i trattati commerciali che interferiscono con i nostri tentativi di ricostruire le economie locali, regolamentare le aziende e fermare i progetti estrattivi dannosi. Riequilibrando la bilancia della giustizia, dovremmo assicurare lo stato di immigrato e la piena protezione per tutti i lavoratori. Riconoscendo il contributo del Canada ai conflitti militari e al cambiamento climatico – elementi chiave nella crisi globale dei rifugiati – dobbiamo accogliere i rifugiati e i migranti che cercano sicurezza e una vita migliore.

Chiediamo che si discuta seriamente l’introduzione di un reddito minimo universale.
Il denaro di cui abbiamo bisogno per pagare questa grande trasformazione è disponibile – dobbiamo solo attuare le giuste politiche per rilasciarlo. Come interrompere i sussidi ai combustibili fossili. Tassare le transazioni finanziarie. Tasse più alte per le corporation e per i ricchi. Una tassa progressiva sul carbonio. Chiediamo incontri municipali in tutto il paese, dove i residenti possano riunirsi per definire democraticamente cosa significhi nelle loro comunità compiere un balzo autentico verso la prossima economia.

Inevitabilmente, questo ritorno a costruire dal basso condurrà a un rinnovo di democrazia a ogni livello di governo, facendo avanzare rapidamente verso un sistema in cui ogni voto conta e il denaro delle grandi aziende è eliminato dalle campagne politiche.

È ora di essere audaci. È ora di fare un balzo!

Montreal: con Naomi Klein contro lo shale gas

Naomi Klein

Naomi Klein

di Mario Agostinelli – Un lungo e lucido intervento della canadese Naomi Klein è stato accolto con ovazioni dai quattromila partecipanti a una delle venti grandi assemblee organizzate a Montreal per il Forum Sociale Mondiale.

L’intera assemblea, arricchita dalle comunicazioni di altri quattro speaker, è stata dedicata al rapporto tra cambiamento energetico e clima: decarbonizzazione e abbandono dell’estrazione dei fossili sono state le parole d’odine su cui si è sviluppato un ricco dibattito che qui sintetizzo:

Naomi Klein è partita da un duro intervento contro il governo che non ha concesso visti a attivisti palestinesi e africani di grande notorietà (Aminata Traoré tra questi) e che fa una campagna solo d’immagine, lasciando alle compagnie dello shale gas e delle sabbie bituminose privilegi fiscali e concessioni illegali all’esportazione. Si è chiesta se il “breakink point” per le emissioni di CO2 possa essere ancora considerato in termini di anni solari e non invece nella prospettiva di quante generazioni potranno subire lo scioglimento dei ghiacci e l’impoverimento delle colture agricole e alimentari. Urgenza è stato il termine più usato. Ha poi ricordato come l’occupazione in settori rinnovabili e nel risparmio moltiplichino per sei volte l’occupazione e come i green jobs diano benefici a tutte le generazioni. Molto dura con la politica che è inchiodata sulla distribuzione iniqua di ricchezza e non pone come priorità il cambiamento delle politiche energetiche e la lotta alle multinazionali sostenute dall’apparato militare.

Anne Celine Guyon è presidente dei comitati del Quebec che lottano per chiudere i pozzi di shale gas e i giacimenti di sabbie bituminose, in particolare intervenendo con le popolazioni sulla distruzione del paesaggio e sulla pericolosità del trasporto. Anche il sindacato del Quebec si oppone al progetto di estrazione da sabbie bituminose e scisti e la coalizione sociale si è arricchita di comitati locali (oltre 80) mobilitandosi per il blocco dei trasporti boicottando la costruzione di oleodotti. Chiedono rapporti con i movimenti europei perché prevedono che il futuro mercato sia quello del nostro continente. La loro battaglia contro il TTIP in tutte le versioni anche bilaterali è intransigente.

Maltè Lianos, argentina, è stata per me una graditissima sorpresa. Rappresenta un nuovo sindacato globale – Trade Unions for Energy Democracy – nato nel 2013 a cui partecipano diverse sigle sindacali tra cui la CGIL. Ha come programma la transizione energetica e dichiara che un’energia per il profitto contrasta un’energia per il lavoro. “Occorre superare il concetto di posto di lavoro” ha detto “come prodotto di un’economia a qualsiasi costo. Giustizia sociale e ecologia vanno di pari passo. Il futuro del lavoro non sta nel business as usual. La transizione non può affidarsi al mercato e perciò bisogna contrastare i pericolosissimi articoli sull’energia dei trattati commerciali, a partire dal TTIP. Interessantissima la valutazione di come le regole liberiste di mercato impediscono la nascita di sistemi energetici locali, diffusi, articolati, pubblici, fino a negare che i popoli indigeni abbiano loro sistemi energetici naturali. Il TTIP prevede neutralità per le tecnologie energetiche (il fracking o il nucleare stanno commercialmente sullo stesso piano, senza cenni agli effetti sanitari, ambientali, sociali).

Tadzo Muller, tedesco, ha richiamato la questione nucleare, asserendo che i costi dell’abbandono dei reattori civili ricadranno sulle popolazioni, che la transizione verrà protratta all’inverosimile e che il modello centralizzato – che significa potere – lotterà strenuamente per essere al più integrato, ma non sostituito.

Infine, Clayton Thomas Muller, un rappresentante del popolo Manitoba, provincia occidentale del Canada, che parla con nella destra una penna d’aquila, ha con lucida concretezza ricordato come le riserve indigene siano tutt’ora residui di colonizzazione e come la civiltà occidentale voglia imporsi senza ascolto e senza contaminarsi con altre culture. Facendo riferimento ai giovani che tornano alla terra ricorda che sono la generazione più sensibile al cambiamento climatico, che si rendono conto di quanto aumentino i parassiti e scarseggi l’acqua, mentre si innalzano le temperature. Conta il cambiamento strutturale, profondo, non l’illusione tecnologica. L’amore per la terra equivale al rispetto degli dei.

In conclusione, molta affinità con le riflessioni che sembrano maturare con forza anche nel Nord ricco del pianeta e che il mondo scientifico ha ormai fatto proprio. C’è qui una grande predisposizione del mondo religioso (i comboniani hanno tenuto una sessione sulla Cop 21) e una vivacissima attivazione dei giovani e giovanissimi. Molto lontana è invece la compenetrazione dei temi e l’unificazione delle campagne: qui nessuno conosceva le iniziative attive in Italia per le rinnovabili e per un diverso modello energetico, né quelle antiscisto, anti TTIP e contro il nucleare: eppure ci sono stati referendum di successo e grandi manifestazioni, che non riescono a elevarsi a un linguaggio universale. Un segno di reale difficoltà a fronte di poteri globali ovunque presenti e ferocemente determinati.